Capire e affrontare l’Ossessioni-Compulsioni
L’ossessione o pensiero ossessivo è un fenomeno psicopatologico che consiste in un’idea fissa o in una rappresentazione mentale accompagnata da un vissuto ansiogeno e che il soggetto non può controllare pur avendone coscienza. Si tratta di un pensiero continuo, che ricorre e persiste nonostante gli sforzi per ignorarlo o eliminarlo. Le ossessioni sono pensieri o immagini mentali egodistonici che si presentano insistentemente e senza adeguata motivazione alla coscienza dell’individuo.
Le ossessioni possono essere definite come una categoria o una specifica tipologia di fenomeni cognitivi, pensieri o immagini mentali. Quando tali pensieri sono associati al disturbo ossessivo-compulsivo, alla depressione, al disturbo dismorfofobico e talvolta al disturbo da deficit di attenzione/iperattività, i pensieri possono diventare paralizzanti, ansiogeni o persistenti. I pensieri ossessivi sono anche associati al disturbo ossessivo-compulsivo di personalità, al disturbo da stress post-traumatico, ad altri disturbi d’ansia, ai disturbi alimentari o alla psicosi. Le ossessioni sono costituite da pensieri, impulsi, immagini mentali o rappresentazioni mentali egodistoniche, si presentano insistentemente e senza adeguata e apparente motivazione alla coscienza dell’individuo.
Ossessioni e pensieri negativi: la differenza è nell’egodistonia
Tra le categorie di pensieri negativi ritroviamo ad esempio i pensieri automatici negativi (Beck et al., 1985) sono pensieri immediati a connotazione negativa, appena sotto la soglia di consapevolezza e richiamabili alla coscienza. Si manifestano tramite concetti verbali o immagini visive e vengono giudicati credibili dalla persona che li esperisce (Wells, 1999). A differenza dei pensieri automatici negativi e delle preoccupazioni, tecnicamente descritte da Borkovec (1983) come catena di pensieri gravosi di natura prettamente verbale, le ossessioni sono pensieri o contenuti cognitivi di durata generalmente più breve (soprattutto rispetto alle preoccupazioni) e aventi la caratteristica dell’egodistonia.
Cosa si intende in questo caso per egodistonia? In altre parole le ossessioni sono fenomeni cognitivi che vengono vissuti quasi come estranei al concetto di sé. Si parla infatti spesso delle ossessioni sotto forma di immagini mentali o pensieri intrusivi percepiti come alieni e in distonia dai soggetti che le esperiscono.
In uno studio di Wells e Morrison (1994) sono state confrontate le caratteristiche delle ossessioni e delle preoccupazioni in soggetti normali in un periodo di due settimane: la maggior parte dei contenuti delle preoccupazioni si manifestava sotto forma verbale, mentre le ossessioni si presentavano maggiormente sottoforma di immagini visive nella mente dei soggetti. L’ ossessione risultava di più breve durata, più egodistonica e meno realistica della preoccupazione.
Definizione di ossessioni secondo il DSM.
Per essere ancora più precisi ricordiamo che il DSM definisce come ossessione un pensiero ricorrente e persistente o un’immagine che viene definita come intrusiva o indesiderata dalla maggior parte degli individui, causando ansia e disagio marcati. In queste situazioni l’individuo tenta di sopprimere i pensieri o le immagini, neutralizzandoli con altri pensieri o azioni o eseguendo una compulsione. La compulsione, infatti, è un comportamento ripetitivo, che la persona si sente obbligata ad eseguire in risposta ad un’ossessione o secondo regole da applicare rigidamente. Si tratta, quindi, di comportamenti e azioni mentali che hanno il compito di prevenire o ridurre l’ansia e il disagio e non che non sono realistici, ma eccessivi. Infine, sempre secondo il DSM, ossessioni e compulsioni implicano un dispendio di tempo, causano disagio significativo e portano alla menomazione nel funzionamento sociale e lavorativo.
Vediamo ora quali sono i sottotipi di ossessione più comuni e le loro caratteristiche:
Come si forma un ossessione?
L’ossessione nasce in genere da una preoccupazione. Se ad esempio ho paura del prossimo esame all’università oppure di superare un colloquio di lavoro o di portare a termine una vendita, è probabile che nasca in me un pensiero negativo: posso iniziare a pensare ripetutamente che qualcosa andrà male.
Come capire se si ha un ossessione?
Nel disturbo ossessivo compulsivo, le ossessioni si manifestano all’improvviso, frequentemente e contro la volontà del paziente, e spesso provocano reazioni di ansia, paura o vergogna. Quando l’ossessione si manifesta, cattura l’attenzione ed è molto difficile pensare ad altro.
Come liberarsi dei pensieri ossessivi
Accettare il pensiero ossessivo senza volerlo allontanare, per evitare che si manifesti con più forza e senza sosta. Rimandare i pensieri ossessivi a un secondo momento, ad esempio dicendo “ci penso dopo”, in modo da ingannare il cervello e fargli perdere intensità;
E’ molto frequente che le ossessioni si manifestino sotto forma di pensieri o immagini relative a potenziali danni a sé o ad altri che vengono attribuiti alla propria responsabilità, spesso alla mancanza di attenzione e accuratezza nella prevenzione di tali danni. In tal senso diversi trattamenti hanno sottolineato il ruolo della iper-responsabilizzazione di sé nell’esordio e mantenimento della psicopatologia ossessivo-compulsiva.
In qualche caso un’ ossessione può assumere la forma di veri e propri deliri. Alla base delle ossessioni vi è infatti il cosiddetto fenomeno della “fusione pensiero-azione” principio illogico secondo il quale nella mente del soggetto “avere un pensiero circa una determinata azione” equivale al “realizzare l’azione stessa”; il solo “pensare di avere fatto” equivale ad “avere fatto” senza lasciare margini all’intenzionalità e alla reale esecuzione effettiva dell’azione e del comportamento.
La tipica risposta alle ossessioni sono le cosiddette compulsioni. Le compulsioni sono definite come delle azioni ripetitive, a volte veri e propri rituali, a carattere esplicito oppure implicito. Le compulsioni a carattere esplicito sono azioni motorie come ad esempio controllare ripetutamente di avere chiuso la porta di casa, lavarsi più volte le mani, sistemare e allineare continuamente degli oggetti. Le compulsioni a carattere implicito sono invece di fatto dei pensieri o meglio “azioni mentali” come pregare, contare mentalmente o ripetere continuamente alcune parole.
Spesso le compulsioni si manifestano sotto forma di insieme di comportamenti stereotipati e ripetitivi e rituali. Le compulsioni quindi sono azioni mentali e/o comportamentali che rappresentano per il soggetto la risposta e un tentativo di gestire le ossessioni. Infatti generalmente, le compulsioni sono seguite da un senso sollievo dall’angoscia e sofferenza legata alle ossessioni. Tuttavia come è facile intuire tale sollievo è solo momentaneo, e a medio e lungo termine non solo le ossessioni si ripresentano insistentemente alla mente dell’individuo, ma il disturbo viene mantenuto in vista della dinamica secondo cui le compulsioni non consentono la disconferma delle idee ossessive.
Lo scopo delle compulsioni è quello di “annullare” le idee ossessive (secondo una logica di pensiero magico) o alleviare il disagio connessi ai contenuti dell’ ossessione attraverso la dinamica del controllo, spesso definito in gergo anche controllo ossessivo; in ultima analisi le compulsioni sono finalizzate nella mente del soggetto a neutralizzare o evitare situazioni ritenute dannose e pericolose.
Un’altra forma disfunzionale di gestione delle ossessioni che si può attivare è quella dell’evitamento: il soggetto evita di frequentare posti che ritiene contaminati oppure di evita di invitare a casa persone che potrebbero contaminare il proprio ambiente.
Richiesta d’intervento specifico e consapevolezza del disturbo
Chi è affetto da ossessioni e compulsioni, essendo consapevole dell’assurdità dei propri comportamenti, in genere se ne vergogna, tenta di nasconderlo anche a chi gli è vicino e comunque non ama parlarne e lo vive con estremo disagio.
Il risultato è che la richiesta di un intervento specifico rischia di venire fatto solo qualche anno dopo l’insorgenza della patologia, quando questa ha ormai compromesso l’adattamento lavorativo e le relazioni interpersonali. Se ci si accorge che un familiare o un amico presenta sintomi ossessivo-compulsivi è quindi opportuno documentarsi sul problema, riuscire a parlargliene con serenità e chiarezza spiegandogli che si tratta di una vera e propria patologia che affligge non solo lui ma molte altre persone e per la quale ci sono specifiche cure farmacologiche e psicologiche in grado alleviare la sua sofferenza.
Attraverso la psicoterapia, con il supporto farmacologico, i pazienti imparano a non mettere in atto le compulsioni e le ossessioni e a resistere alla spinta a eseguire compulsivamente i soliti rituali, nelle situazioni di vita reale. Gli aspetti emotivi delle questioni problematiche vengono integrati meglio e in tal modo i pazienti riescono a trasferire ciò che imparano nella vita quotidiana e a tollerare l’angoscia emotiva.
Aiutare nella gestione della terapia
Una volta iniziato il percorso terapeutico il ruolo di familiari ed amici è fondamentale, anzi è il momento in cui è maggiormente necessario il loro incoraggiamento e sostegno. I farmaci, per quanto abitualmente ben tollerati, non sono esenti da effetti collaterali, soprattutto quando è necessario ricorrere all’associazione di prodotti. Se compaiono disturbi secondari è importante rassicurare la persona consigliandole di consultare il proprio medico e non ridurre le dosi o smettere autonomamente la cura.
Incoraggiare quando i risultati sembrano non arrivare mai
La lentezza e la gradualità con cui si verifica il miglioramento possono causare, soprattutto nei primi mesi, scoraggiamento e tentazione di abbandonare farmaci e psicoterapia. In questo caso è utile sottolineare i passi in avanti, pur piccoli, che sono stati compiuti come, per esempio, la riduzione della frequenza o della durata dei lavaggi o delle verifiche.
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